mercoledì 19 agosto 2009

Hijos - Figli (Flavio Tannozzini) Un grande dal Guatemala


Caddero nell’aria morti, senza volo,
i figli dell’arcobaleno, senza luce,
caddero con lamento senza voce,
i petali nel vuoto: la terra brucia.

La regina, la bella primavera,
intrecciò tra i suoi capelli azzurri
furore di trentasei serpenti
e da fanciulla si trasformò in chimera:

ovunque guardasse, la terra diventava nera,
la vita diventava pietra
su cui moriva il grido ed il ricordo:
memoria,
come polvere dispersa dentro un cielo sordo.

Caddero i petali nell’aria morti, senza volo,
strappati alle madri, nel vuoto senza vento.
E’ notte vitrea sui villaggi rasi al suolo.
Gelo.
Silenzio, sulle lapidi dei santi.

Sulla riva dei torrenti,
la guerra ha ucciso i canti,
ha cancellato storie.
Sulla terra nera si sono spenti i fiori,
caduti senza colore.

E crescono, crescono le croci,
senza nome, senza storia,
stivali militari
calpestano ogni cosa.

Si fanno sempre più vicini,
sono spari,
corri figliolo, la terra brucia,
non guardare

Non restare indietro,
non cadere a terra, ti prego,
perché la terra brucia,
vedrai, presto tornerà, tuo padre.


Figli dell’arcobaleno,
senza volo, senza luce,
caddero nell’aria morti
con un lamento senza voce.


E figli, figli della terra, orfani del cielo,
hanno negli occhi un riflesso scuro,
è storia da gridare con la voce dura,
è amore, è rabbia che monta dal dolore
e fa a pezzi la paura,
esplode nella gola, dove sei!

Ricordi nel fuoco, la terra che brucia.


(Guatemala, 2004)

Nessun commento:

Posta un commento